Parigi e il potere taumaturgico della bellezza

3 Febbraio 2018 - 4 Febbraio 2018

(Musée du Louvre, Nike di Samotracia)

Cicatrici e salvezza.
Sono le due parole che rimangono dopo avere eliminato quelle più scontate: è il gioco che facciamo quando siamo così stanchi da non avere più la forza di mettere un piede davanti all'altro e ci rimane solo quella di mettere in fila le parole, seduti al tavolino di un bar o su una panchina, pensando a cosa ci è rimasto alla fine della giornata.
Ci sono pochissime città che riescono a riconciliare l'anima con il mondo, l'interno con l'esterno. Ognuno ha le sue.
Per noi è Parigi: è l'unica che mette d'accordo sia me che il Piemontese.
Quando le brutture del mondo ci affliggono, quando ci sentiamo sovrastati dalla volgarità, quando abbiamo bisogno di credere che uno stato di grazia permanente sia possibile e che la bellezza possa salvare, se non l'universo almeno noi, ci rifugiamo qui.
Un ambo secco: partenza il sabato mattina all'alba e rientro la domenica sera tardi.
Testato ormai da diversi anni, il metodo funziona.
Niente fronzoli: poteva essere Cazzago Brabbia, ma Parigi è meglio.

(Hotel de Ville) 

 (Hotel de Ville)

 (Musée du Louvre, particolare della facciata)

 (La rivoluzione in metrò, fermata Bastille)

 (Musée du Louvre, particolare della facciata in Cour Carrée)

(Musée du Louvre, Pyramide) 

(Musée du Louvre, Tour Eiffel) 

(Musée du Louvre, particolare scultoreo) 

(Musée du Louvre, Cour Carrée) 

(Musée du Louvre, Cour Carrée) 

 (Musée du Louvre)

(Palais Royal, Galerie de Montpensier)

(Palais Royal, giardini) 

(Senna)

Insomma, le cicatrici vengono da Sylvia Plath, da quel suo "Voglio essere una cicatrice di parole".
La bellezza aiuta a cicatrizzare le ferite aperte dalla cattiveria gratuita, dall'indifferenza altrui, dalla crudeltà immotivata, dalle piccole meschinità quotidiane.
La bellezza cura, ripara, ricompone.
La bellezza salva.
Salva dalla tendenza congenita all'imbruttimento, a dare il peggio di noi.
Può restituire il respiro e la dignità.
E allora, quando sentiamo che è troppo, quando non possiamo andare oltre, veniamo qui.
Petit Palais, Opéra Garnier, Louvre, Musée d'Orsay, Orangerie, Pantheon.
O semplicemente una passeggiata senza meta.
Non importa dove, ovunque capiti e qualunque cosa si decida, qui troviamo riparo. Perché la sensazione è proprio questa.

 (Petit Palais)

 (Petit Palais, Le toast, Jean-Antonie Idrac e Jules Coutan)

(Petit Palais, Soleil couchant sur la Seine à Lavacourt, Effet d'hiver, Claude Monet)

(Petit Palais) 

(Petit Palais, Bacchante couchée, Jean-Baptiste Clesinger) 

(Petit Palais, esterno, giardino) 

(Petit Palais, esterno, giardino) 

 (Ponte Alessandro III)

(Senna) 

(Ponte Alessandro III) 

(Ponte Alessandro III) 

(Senna, Île de la Cité) 

(Tour Eiffel, Ville Lumière) 

(Tour Eiffel, Ville Lumière) 

(Tour Eiffel, Ville Lumière) 

(Notre-Dame de Paris) 

 (Avenue de L'Opéra)

 (Rue du quatre Septembre)

(Topo metropolitano avanguardista) 

 (Opéra Garnier)

(Avenue de L'Opéra) 

(Rue de la Paix) 

(Opéra) 

 (Opèra, particolare)

(Opéra, particolare) 

(Opéra, particolare scultoreo dello scalone d'ingresso) 

 (Opéra, particolare scultoreo dello scalone d'ingresso)

(Opéra, Grand Foyer) 

(Opéra, Grand Foyer)

Personalmente è il Louvre: non c'è luogo dove mi senta più al sicuro.
Del resto come può capitarti qualcosa di brutto quando sei circondata da così tanta bellezza?
Come puoi anche solo pensare di essere in pericolo quando ci sono Leonardo, Caravaggio, Mantegna, il Ghirlandaio, Raffaello, Perugino, Botticelli, Canova che vegliano su di te? Che ti ricordano di quanta meraviglia siamo capaci, di quante potenti rivoluzioni siamo interpreti, di quanti cambiamenti siamo i protagonisti, di quanti misteri siamo i custodi.
E allora la mia anima, mai come in altri luoghi del mondo, qui si sente nel posto giusto per guarire da qualunque malessere.
Avvolta e protetta.
Riparata e al sicuro.

(Musée du Louvre) 

(Musée du Louvre, attesa) 

(Musée du Louvre, Pyramide) 

 (Musée du Louvre, dentro la Pyramide)

(Musée du Louvre)


Scultura - Pittura - Cocci.
Questo il "percorso salute" che scegliamo.
Iniziamo con "Psiche rianimata dal bacio di Amore" del Canova.

(Musée du Louvre, Psiche rianimata dal bacio di Amore, Antonio Canova, particolare) 

 (Musée du Louvre, Psiche rianimata dal bacio di Amore, Antonio Canova, particolare)

 (Musée du Louvre, Psiche rianimata dal bacio di Amore, Antonio Canova)

 (Musée du Louvre, Amore e Psiche, Antonio Canova, particolare)

(Musée du Louvre, Amore e Psiche, Antonio Canova)

(Musée du Louvre, Venere di Milo, Alessandro di Antiochia, particolare)

Passiamo per la Nike di Samotracia che, dalla cima dello scalone progettato da Hector Lefuel, domina, unica ed incontrastata padrona di casa, la scena: una roba che quando la vedi, se stavi parlando ti si blocca la favella, ti si azzera la salivazione, ti si cementano i piedi a terra come succede a quelli che hanno avuto un'apparizione e sbarrano gli occhi, li chiudono e li riaprono per capire se è vero o se è solo frutto di una cattiva digestione, il fiato ti si mozza in gola, il pensiero si atrofizza e capita che ti venga anche il magone.
Roba che, se ci pensi bene, esci matto: perché per me rimane un mistero come un pezzo di pietra, arrivata qui dal 200 a.C., acefala e priva di braccia, possa esercitare una tale attrazione, riesca a polarizzare gli sguardi di milioni di persone, a parlare, emozionare, zittire anche chi non sa nulla di arte.
Me lo spiego solo pensando che forse la bellezza, al pari della matematica e della musica, è un linguaggio universale, che comunica senza bisogno di traduzioni, semplicemente godendola. Non ti servono nemmeno gli strumenti per comprenderla, se proprio vogliamo dirla tutta.
E' la bellezza prêt-à-porter.


(Musée du Louvre, Nike di Samotracia)

Dall'ingresso a destra della Nike inizia il mio personale, consapevole e misurato esercizio di giustizia riparatoria.
Per esempio: voi avete mai pensato a quelle opere che nessuno guarda perché stanno nella stessa stanza della Gioconda?
Avete mai provato ad immaginare come deve sentirsi "Le nozze di Cana" del Veronese, piazzato proprio lì di fronte a lei e che in pochissimi si filano?

(Musée du Louvre, Le nozze di Cana, Paolo Veronese)

Per non parlare dei tre Tiziano che stanno dietro la parete della Monna Lisa.
Ecco, io per loro mi dispiaccio.
Mi rammarica sapere che su di loro si posano soltanto fuggevoli occhiate, che di loro quasi nessuno si cura perchè l'attenzione è catalizzata da dipinti ben più noti.

 (Musée du Louvre, al cospetto della Diva)

(Musée du Louvre, al cospetto della Diva)

(Musée du Louvre, al cospetto della Diva)

E allora a questo giro mi sono un pò indispettita per tutta quella gente priva di sensibilità: e basta con questa Gioconda, che sarà mai in fondo? A guardarla bene è pure brutta ed è ora di finirla con tutte queste storie sul suo sorriso enigmatico, era Leonardo o no? Era un donna o un uomo? E via con le teorie complottiste. Insomma, proviamo per una volta a snobbarla e dedichiamoci a chi invece è passato semi-inosservato per una vita. 
Per gli esclusi e gli emarginati, si sa, ho sempre avuto un debole. Per quelli che vivono all'ombra di una stella luminosa, per quelli da cui nessuno si sente attratto perché probabilmente non si è mai preso la briga di osservarli con cura, accecato dalla luce della prima donna che sta sul palcoscenico.
E così entro nella stanza e le volto le spalle, punto gli occhi sul Veronese e me lo godo.
Mi faccio largo tra la folla, la scanso e vado sul retro del muro che la regge per contemplare i Tiziano.

La stessa storia si ripete per la povera Mademoiselle Caroline Rivière di Ingres di fronte al cinema su maxi schermo e in technicolor della "Consacrazione dell'imperatore Napoleone e l'incoronazione dell'imperatrice Giuseppina nella cattedrale Notre Dame di Parigi il 2 Dicembre 1804" di David: frotte di sapiens dimentichi di rendere omaggio al suo incarnato diafano e perfetto, così intenti a trovare la giusta posizione da cui centrare il mostro sacro in un unico scatto!

(Musée du Louvre, Mademoiselle Caroline Rivière, Jean Auguste Dominique Ingres)

(Musée du Louvre, Incoronazione di Napoleone, Jeacques-Louis David)

Ritorno sui miei passi e ripercorro la lunga sala dei dipinti italiani, ossia i duecento metri più stupefacenti che esistano al mondo, una summa della pittura mondiale, il concentrato di una rivoluzione artistica o, più prosaicamente, la cosa più bella che un essere umano possa vedere in tutta la sua vita e, tra tutti quei quadri, vado dritta verso la Morte della Vergine del Caravaggio; punto i piedi in mezzo a quelli che ci passano davanti senza degnarlo di uno sguardo.

(Musée du Louvre, Morte della Vergine, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio)

E niente. Non riesco ad andare via: il Piemontese ad un certo punto deve trascinarmi per un braccio, promettendomi la sezione dell'arte del Vicino Oriente.
Cedo come una bimba di fronte alla cioccolata.

Passiamo dal rumore al silenzio; dal chiasso rissoso e desideroso di strappare una foto alla rock-star alla quiete di un passato remoto che parla attraverso la polvere, il turchese e gli smalti; da un sorriso che pare dire "non avete capito proprio niente" alla compostezza di figure ieratiche; dalla luce artificiale degli schermi di centinaia di cellulari tutti puntati su di lei alla penombra che protegge grandezze lontane nello spazio e nel tempo.

(Musée du Louvre, Sezione Arte del Vicino Oriente, particolare) 

(Musée du Louvre, Sezione Arte del Vicino Oriente, il leone e la leonessa)

Siamo fuggevoli bagliori in un cosmo di oscurità, opere d'arte sovraesposte o sottostimate, alcune all'ombra di altre, aspettando che qualcuno ci guardi per quello che siamo, che colga i colori, la nitidezza delle linee, l'originalità della composizione, quella bellezza che ci contraddistingue, quell'unico particolare che ci fa diversi e che ci rende amabili.
Restiamo in attesa di quello sguardo obliquo e irriproducibile, differente da tutti gli altri, quel colpo di luce che entra dalle vetrate e che illumina un dettaglio trascurabile ai più. E in quell'attesa proviamo ad accorciare distanze, riparare ferite, ricucire strappi, ricomporre assenze.
Proviamo, in una parola, a salvarci.

(Petit Palais, Grimaces et misère, Fernand Pelez)



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