Death Valley, California

20 Aprile 2018 - 1° Maggio 2018

(Survivor)

Testarda e volitiva come sempre, anche a 93 anni Margaret ha piegato il destino al suo volere: l’intervento è andato bene, ma il recupero richiede tempo, come è giusto che sia. Janet e Teresa staranno con lei ancora per qualche giorno: ci raggiungeranno a Las Vegas lunedì sera.
Il viaggio inizia in quello che il Piemontese definisce un UFO: siccome un SUV pareva una poverata (e si sa che gli Americani le poverate proprio non le digeriscono), siccome per andare nella Death Valley è necessario un mezzo adeguato, le nostre amiche, dopo essersi viste rifiutare il corazzato dall’esercito, hanno ripiegato su qualcosa di più discreto: un’automobile che per salirci c’è una scaletta, grande quanto il bilocale di Desio, 300 cavalli scatenati che consumano benzina a sufficienza per vaporizzare definitivamente quel barlume di strato di ozono rimasto: ma si sa, qui col protocollo di Kyoto ci si asciugano dopo il bidet. Un’astronave che quando accendi il motore (lo accendi nel vero senso della parola perchè le chiavi non ci sono, schiacci un bottone e via) si ciuccia 1 gallone come niente e ha un ingombro che nemmeno i giostrai di Barnum saprebbero gestire.
Faccio qualche manovra, con quella che è stata ribattezzata "The Beast", per cercare di adeguarmi e capire come muovermi per strada senza abbattere pali della luce. Ma basta poco per rendermi conto che le strade qui non sono certo quelle dei borghi medievali e che nei loro parcheggi potrebbero infilarsi comodamente due Punto.
Quando il baule è carico di galloni di acqua per sopravvivere al caldo della Valle della Morte, di cibo per il pranzo al sacco, dolcetti e varie amenità come se ci apprestassimo ad affrontare un’incombente apocalisse nucleare, si decreta che siamo pronti per partire.
Sono 6 ore di macchina per arrivare a destinazione, trovare l’alloggio e iniziare la scoperta della zona.

(Snacks on the road)

(The Beauty and The Beast)

(The road to Death Valley)

(Stretching my legs)

(On the road to Death Valley)

(Bikers)

(A quick stop before Nowhere)

E’ la Valle della Morte che sfila: Zabriskie Point, Hell’s Gate, Sand Dunes, Golden Canyon, Badwater basin, Devil’s Golf Course, Artist’s Palette.
Sono colori, altitudini, depressioni, salite e discese che definiscono uno dei posti più unici al mondo: qualcosa che, un po' per pregiudizio e un po' perchè gli americani sono abituati a fare gli sboroni con tutto ciò che li riguarda, non ti aspetti.
Una bellezza desolante, arida, ruvida. Un luogo così inospitale quanto mozzafiato.
E lo capisci subito: lo capisci che sarà difficile, che ti metterà alla prova, quando alle 8 di un mattino di Aprile fai colazione col condizionatore acceso per trovare riparo dai 35 gradi esterni.
E allora sono passi piccoli messi in fila uno dietro l’altro, movimenti lenti accompagnati da una disidratazione inesorabile: si continua a bere ma senza fare plin plin. Si sale e si scende dalla macchina e ogni volta è una scoperta: quell’espressione di meraviglia, di sorpresa, di incredulità che ti si dipinge sul viso quando ti rendi conto di quanto sia improbabile ciò di fronte a cui ti trovi, quasi fosse uno scherzo. Come se la Natura avesse voluto giocare con colori, rocce, materiali; come se li avesse mischiati per raccontarci cosa sia la fantasia, cosa significhi avere il potere di forgiare forme, paesaggi, linee, di provare quanto sia infinita la nostra piccolezza.
Il paesaggio è lunare: potresti essere stato catapultato qui solo dalla mente di David Lynch o di Michelangelo Antonioni.

(Zabriskie Point)

(Zabriskie Point)

(Illusions)

(Hit the road, Jack)

(Zabriskie Point, a different point of view)

(Zabriskie Point, particolare)

(Selfie at Zabriskie Point)

(Distances)

(Sand Dunes)

(Sand Dunes)

(Sand Dunes)

(Sand Dunes, a little blue spot)

(Go straight on, then turn right)

(Golden Canyon, the Red Cathedral)

(Golden Canyon, the Red Cathedral)

(Golden Canyon)

(Golden Canyon)

(Golden Canyon)

(Devil's Golf Course)

(Devil's Golf Course)

(On the road to Badwater Basin)

(Badwater Basin)

(Badwater Basin)

(Badwater Basin)

(Badwater Basin)

(On the Artists Drive)

(On the Artists Drive)

(On the Artists Drive)

(On the Artists Drive)

(Artist's Palette)

(On the Artists Drive)

(View from the Artists Drive)

(On the Artists Drive)

(On the Artists Drive)

(On the Artists Drive)

(On the Artists Drive)

(On the Artists Drive)

(On the Artists Drive)

(On the Artists Drive)

Siamo alloggiati in quello che ho difficoltà a definire: potrebbe essere una colonia o una caserma. Ci sono alcuni caseggiati bassi con un lungo corridoio di stanze, tutte dotate dei comfort di base qui in America: condizionatore obsoleto e rumoroso che ti chiedi se da lì a pochi minuti decollerà, ventilatore, minifrigo, un bagno con la doccia in pieno stile “Psyco” (tenda di plastica inclusa) e ovviamente il doppio letto matrimoniale perchè uno non basta.
Siamo in un’oasi di verde in mezzo alla Valle del Morte: vicino ci sono le stalle con i cavalli e l’unico ristorante del complesso, dove puoi scegliere tra burrito, pollo con patatine fritte, pollo senza patatine fritte e per colazione caffè a fiumi e una serie di croissant confezionati con tanti di quei conservanti che a confronto il mulino bianco è l’oasi del biologico. Un ristorante che a chiamarlo ristorante gli fai un favore; qui le stelle Michelin gliele darebbero con i numeri negativi: il punto è che sono anche passate ma alla fine hanno detto “Qui? No, qui nemmeno Morte!”.
In compenso quelle vere, quelle che vediamo di notte, alle 3:45, sono qualcosa di indescrivibile, qualcosa che non abbiamo mai visto prima, nemmeno nel deserto del Karakum. Anche il jetlag, a cui non ci siamo ancora abituati, produce meraviglie e ci fa stare con gli occhi incollati alla volta celeste. Luminose, brillano come diamanti sul velluto nero della notte e sembrano essere così vicine da poterle toccare con un dito. E’ un’altra meraviglia che lascia senza parole: è la meraviglia che parla e ti dice quanto è piccolo il posto che occupiamo nel mondo, che, impegnati in tutte le nostre quotidiane sofferenze, in tutte le nostre meschine attività, c’è qualcosa lassù di molto grande, che assiste benevolo da milioni di anni al nostro affaccendarci.

(The Ranch at Death Valley)

(The Ranch at Death Valley)



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