I think it's the goddamn Grand Canyon - Arizona

20 Aprile 2018 - 1° Maggio 2018

(Straight in the eyes)

Per chi, come me, è stata un'adolescente cresciuta col mito di "Thelma e Louise", che si è comperata il CD della colonna sonora con i soldi della paghetta mensile, il Grand Canyon non potrà mai essere semplicemente il Grand Canyon ma sarà sempre e solo “il dannato Grand Canyon” (da qui in poi GGC): un luogo mitico alla stregua delle Colonne d'Ercole, dove l’immaginario di una ragazzina tracagnotta si sarebbe prima o poi incontrato con la realtà di una donna poco meno che matura.

Dopo numerose visite negli Stati Uniti senza mai riuscire a spingermi fin a qui, questa è la volta buona; il piano è fare base a Flagstaff, cittadina a 2.100 metri di altitudine da dove possiamo muoverci per visitare alcuni angoli interessanti: oltre il Grand Canyon anche l’Antelope Canyon e il Wupatki National Park, tutti parte delle Riserve Navajo, territori dei popoli Nativi Americani.

Si parte da Vegas non troppo presto, dopo una lauta colazione nello stesso ristorante della sera precedente, che ci costa quanto tre mesi di abbonamento ferroviario al tratto Trenord Desio-Sesto San Giovanni; anche se, a pensarci bene, alla fine forse è meglio essere qui che sul treno sporco e puzzolente dei pendolari, con le madri che parlano di quante volte hanno vomitato i pargoli o degli uomini che discutono di quanti scudetti ha rubato la Juventus.

(Hoover Dam)

(Hoover Dam)

Janet e Teresa hanno prenotato una casa intera con Airb&b: dalla strada principale si svolta in uno sterrato. Siamo in mezzo alla foresta, tra pini, cervi, daini (ne vediamo qualcuno all’imbrunire) e il nulla situato a poco più di qualche metro. La casa, vista da fuori, non sembra nemmeno tanto particolare: a me pare di essere stata catapultata in uno dei capitoli della saga “Venerdì 13 - Le porte dell’inferno”, quei film dell’orrore dove un gruppo di amici decide di passare un fine settimana di svago in una località di villeggiatura sperduta sulle montagne, per poi sparire uno alla volta, decimati dal serial killer di turno fuggito proprio il giorno prima dal manicomio in cui si trovava rinchiuso da 20 anni: poi li ritrovano, eh... Uno a pezzi nel congelatore, uno annegato nel fiume che scorre vicino, un altro sotterrato (e nemmeno bene) in giardino grazie alle sapienti mani di Jason, dalle numerose vite e dalla maschera da hockey in faccia.
Poi penso che noi abbiamo l'arma segreta per neutralizzare qualsiasi malintenzionato: lui, il Piemontese. Edotto sui più moderni metodi di tortura psicologica direttamente dalla Facoltà di Ingegneria, fisicamente addestrato allo sforzo e al sacrificio dai celeberrimi Servizi Segreti della Repubblica degli Agnolotti, assesterebbe il colpo decisivo invitando l'ignaro psicopatico al gruppo di discussione del martedì sera circa la validità contemporanea del teorema di Fermat sui punti stazionari. Dopo averlo inchiodato con il suo famigerato "sguardo a mezz'asta", mentre, immobile e con senso di sfida, brandisce gli occhiali da vista comperati alla Coop a 2 euro e 99 centesimi, Jason si accascerebbe al suolo, come quelle capre che si fingono morte per paura, stremato e sconfitto per sempre.
Insomma, il senso di disagio si affievolisce per poi sparire definitivamente. 
Il tempo di aprire la porta di casa e trovarsi di fronte ad una spettacolare zona giorno con due camini e tanti libri, ampie vetrate sul patio esterno dotato di bar-b-q, completamente equipaggiata per ogni evenienza, anche se le teste di due cervi imbalsamati appesi al muro continuano a generare un po' di inquietudine.

(Indovina chi viene a cena?)

(La casa nel bosco)

(Chef at work)

(Chef at work)

(Chef at work)

(Dinner is ready)

(Who's the chef?)

(Yummy)

Facciamo spesa da Safeway, prepariamo la cena e mettiamo in tavola una delle bottiglie di vino della Napa Valley gentilmente offerte da Ken, il marito di Teresa.
Siamo ciarlieri: il vino e la compagnia mettono di buonumore, ma la giornata è stata pesante, così andiamo a letto presto. Domani ci aspetta il GGC e dobbiamo essere preparati.

Siamo di nuovo in macchina e attraversiamo la terra dei Nativi Americani, qui in particolare quella dei Navajo e degli Huvuataqui, nati proprio nel Grand Canyon e da sempre depositari delle tradizioni della propria gente nonché protettori spirituali di questa terra.

(On the way to GGC)

(On the way to GGC)

(On the way to GGC)

Quella dei Nativi Americani è una storia triste, una storia di sopraffazione, di espropriazione, di morte. Privati delle loro tradizioni, della loro cultura, della loro Terra, hanno da sempre con essa un rapporto stretto, inscindibile: dalla notte dei tempi credono nel suo potere generativo, come una madre che nutre, stabilendo una connessione molto profonda con il resto della Natura. I valori a cui si ispirano sono il perdono, il coraggio, il rispetto per gli anziani e l’umorismo, che ha permesso loro di superare i molteplici ostacoli che si sono trovati di fronte nel corso della storia. Relegati in Riserve di pochi chilometri quadrati, come una specie in via di estinzione, grazie ad alcune leggi sono riusciti a riconquistare parte di quella Terra sacra che era stata loro usurpata.
Anche così la loro vita rimane povera: in lande inospitali, battute dal sole e dalla siccità, con temperature proibitive per la maggior parte dell’anno, qualunque attività agricola diventa impossibile; la loro economia di sussistenza si basa sulla vendita di tappeti e gioielleria fatta a mano: turchese, ematite, ametista, lapislazzuli e alcune altre pietre naturali costituiscono la ricchezza di questa terra, su cui i Navajo hanno, essi soli, diritto di estrazione. Il risultato sono gioielli dalla fattura semplice, venduti ai bordi delle strade, in piccoli banchetti con la vernice erosa dal sole e dal caldo o nei negozi autorizzati dei parchi nazionali. Ci fermiamo in qualcuno di questi stand improvvisati: alcuni proprietari sono più loquaci, altri meno. C’è ancora molta diffidenza, nella maggioranza dei casi, da entrambe le parti. Io guardo i capelli lucidi, neri e sottili di questa gente, i loro volti scavati come le rocce di un canyon, parlo con chi ha voglia di farlo e sto in silenzio dove capisco che siamo solo due parti di una transazione.

(On the way to GGC)

(On the way to GGC)

Scambiamo qualche parola con uno di loro: è presto e forse non è ancora stanco delle stesse domande “quanto costa questa collana? E questo paio di orecchini?”. O forse è semplicemente così: gioviale e disponibile ad ascoltare un improbabile manipolo di turisti italiani accompagnati da due californiane in un folle viaggio. Ha delle trecce lunghe e meravigliose, un cane dagli occhi dolcissimi e dalla sua bocca esce una parlata paziente, intonata alla lentezza con cui cambia il paesaggio da queste parti: ci spiega che alcune persone della comunità tengono vive le tradizioni, insegnano ai ragazzi e alle ragazze la lingua Navajo. Azzardo la domanda sull’appartenenza di questa antichissima lingua ad uno dei ceppi da noi conosciuti. Alza un sopracciglio, perplesso. Guarda per un momento il cielo, sta in silenzio per lo spazio di qualche secondo. Poi, quasi come se la domanda fosse troppo scontata, dice “la nostra lingua ha origini ancestrali, viene dalla Madre Terra”.
Capisco che è lui: compero la collana più bella che ha, quella che mi ha stregata fin da subito, dal primo momento che l’ho vista. Perchè ho scelto il suo sguardo gentile, i suoi occhi pazienti, le sue parole lente.

(The GGC, South Rim)

(The ladies and the GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(Guess what they're talking about)

Potrei raccontare del Grand Canyon, del mistero della sua nascita, della sua infinita bellezza, della meraviglia che suscita inevitabilmente in qualsiasi viaggiatore degno di questo nome, delle rocce scolpite dal corso sapiente del fiume Colorado, dei colori, dell’orizzonte che si confonde, degli abissi che sembrano chiamare da un altro tempo, dello sguardo che non trova pace e si interroga su come sia possibile tanta magnificenza.
Ma sarebbero soltanto parole per descrivere qualcosa a cui nessuno crederebbe senza averlo potuto vedere.

(The GGC, South Rim)

(Speechless)

(The GGC, South Rim)

(Cheese)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)

(The GGC, South Rim)




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