Cronache dalla frontiera, Atto II - Osh, Kyzylart pass, Karakol lake

2 Agosto 2019 - 23 Agosto 2019

(Lago Karakol, Tajikistan)

Le facce che si incontrano a colazione sono poco europee e molto melting pot: alcune tedesche, diversi russi, numerosi orientali. Poi c'è lui, il solitario che non incrocia mai lo sguardo col tuo, che mangia solo senza mai alzare la testa dal piatto, tatuato su buona parte del corpo, che mi immagino partecipare ad azioni con i separatisti ceceni e sopravvivere all'aperto in Siberia a -50. Il Piemontese, più prosaicamente, dice che è il tipo di persona che a casa ha un seminterrato dove fa cose.

Talant ci aspetta in macchina con un driver diverso: speravo in una maggiore assennatezza dall'uomo orientale che gira le leve del motore, ma invano. Ci separano poco meno di 300 chilometri dal confine con il Tajikistan ma già si è capito l'andazzo dopo i primi cinquanta. I primi cinquanta metri, intendo, non chilometri. L'uso disinvolto del clacson è la cosa più pittoresca e si strombazza indifferentemente per inveire contro qualcuno, per dire agli altri automobilisti di prestare attenzione o per salutare un amico. Ho smesso di contare il numero delle volte in cui abbiamo rischiato la vita dopo i primi sette minuti, tra inchiodate improvvise, sorpassi azzardati sui tornanti di montagna a visibilità zero e una velocità oraria che mi sembra di girare Fast and Furious con una Matiz truccata e con l'autista costantemente al cellulare.

 (Verso il passo Chyiyrchyk, Kyrgyzstan)

 (Passo Chyiyrchyk, Kyrgyzstan)

 (Passo Chyiyrchyk, Kyrgyzstan)

(Passo Chyiyrchyk, Kyrgyzstan)

(Passo Chyiyrchyk, Kyrgyzstan)

Si sale e ci fermiamo presso una fonte d'acqua dove si fa rifornimento: attacchiamo bottone con quattro signori kyrghyzi che appena sanno che siamo italiani vogliono fare una foto con noi. Nel frattempo si fermano anche altre due macchine e inizia il cinema. 

(Il patto di amicizia italo-kyrghyza)

 (Alla fonte, Kyrgyzstan)

 (Alla fonte, Kyrgyzstan)

 (Facce, Kyrgyzstan)

(Facce, Kyrgyzstan)

Nell'ordine:
- ci scattano almeno una cinquantina di foto con i cellulari di ogni singola persona del gruppo
- il bambino più piccolo piange, è spaventato e non vuole fare la foto con noi, ma lo obbligano
- la bambina mi guarda con gli occhi sgranati di chi ha appena visto apparire Angelina Jolie nel deserto del Karakum e mi dice che sono bellissima
- il più alticcio del gruppo (alle 10:30 del mattino) chiede al Piemontese (non a me), sempre con molto garbo, se può baciarmi, poi si intestardisce con un discorso sull'amicizia tra i popoli italiano e kyrghyzo
- visto che non riesce a terminare il discorso attacca con Adriano Celentano e Toto Cutugno
- già che ci siamo, per sancire il patto di amicizia italo-kyrghyzo, cantiamo tutti assieme "L'italiano".

 (Colori, Kyrgyzstan)

 (Colori, Kyrgyzstan)

 (Kyrgyzstan)

 (Colori, Kyrgyzstan)

 (Colori, Kyrgyzstan)

(Colori, Kyrgyzstan)

Scorrono paesaggi che non si possono raccontare a parole e di cui si può solo dire che tolgono il fiato.
Si sale senza alcuna pietà, arriviamo ai 4.283 metri del Kyzylart pass e scavalliamo verso la frontiera kyrghyzo-tagica.

 (Passo Taldyk, 3.615 m., Kyrgyzstan)

 (Fiori per la sconosciuta, passo Taldyk, Kyrgyzstan)

 (Passo Taldyk, 3.615 m., Kyrgyzstan)

 (Passo Taldyk, 3.615 m., Kyrgyzstan)

 (Un regalo per la sconosciuta, passo Taldyk, Kyrgyzstan)

 (Incontri, passo Taldyk, 3.615 m., Kyrgyzstan)

 (Quel mazzolin di fiori, passo Taldyk, Kyrgyzstan)

 (Da qualche parte, Kyrgyzstan)

  (Da qualche parte, Kyrgyzstan)

  (Da qualche parte, Kyrgyzstan)

  (Da qualche parte, Kyrgyzstan)

  (Da qualche parte, Kyrgyzstan)

  (Da qualche parte, Kyrgyzstan)

  (Da qualche parte, Kyrgyzstan)

 (Da qualche parte, Kyrgyzstan)

I controlli kyrghyzi sono piuttosto blandi e noi, abituati a ben altro, non ci possiamo quasi credere.
Salutiamo Talant e ci avviamo a piedi verso i controlli tagiki. 
Primo check point: "Passport, please". E te pareva... 
Pronti, il passaporto.
"Visa, please".
Pronti, la visa.
I due militari aprono un quaderno.
Sì, un quaderno a quadretti tipo quelli che si usavano alle elementari per gli esercizi di matematica.
A mano, con una penna Bic blu, annotano i riferimenti dei nostri documenti che vanno ad ingrossare la lista di quelli passati prima di noi.
Mettono un bel timbro su visa e passaporto, bon, possiamo andare al prossimo check point con un formalissimo "Welcome to Tajikistan".
Il prossimo check point serve a controllare che quelli di prima abbiano fatto tutto secondo procedura.
Qui incontriamo la nostra guida, Borbad, e l'autista, Firdavs, che ci aspettano da cinque ore e si sono fatti amici i poliziotti tagiki.
Vicino alle transenne e alla sbarra, in attesa del permesso per proseguire, ci sono due coppie di motociclisti indiani, qualche autoctono, un europeo non meglio identificato, un paio di jeep di turisti orientali, un ragazzo russo che se la fa tutta in bicicletta.
Da una porta che pensavo essere il bagno - e invece è l'ufficio della dogana - esce il maschio alfa tagiko, in divisa e rigorosamente in ciabatte, con un giubbotto mimetico che svela la prominenza della sua pancia da bevitore incallito: chiede i passaporti e il visto, dice di aspettare lì il nostro turno e di non entrare. Lo dice lentamente, con solennità, come se stesse enunciando un imperativo categorico kantiano, mentre mangiucchia uno stuzzicadenti e si pulisce le mani (?!) nei pantaloni, con disinvoltura e soddisfazione.
L'attesa dura un'ora circa, poi strette di mano, saluti, pacche sulle spalle a guida e conducente e partiamo alla volta di Karakol, il villaggio che sorge sulla sponda dell'omonimo lago.
La strada corre a pochi metri dal confine con la Cina, segnato da una lunghissima recinzione di filo spinato fatta costruire dopo la seconda guerra mondiale ai prigionieri tedeschi: nella discesa, il lago si staglia azzurro ed abbagliante in mezzo all'ocra, al marrone, al verde e al color sabbia delle montagne.

 (Verso il lago Karakol, Tajikistan)

 (Verso il lago Karakol, Tajikistan)

(Verso il lago Karakol, Tajikistan)

Ancora una volta neppure le foto che scattiamo come se non ci fosse un domani riescono a rendere l'idea.

 (Border land, Tajikistan)

 (Al confine con la Cina, Tajikistan)

 (Puntini, Tajikistan)

 (Al confine con la Cina. Tajikistan)

 (Al confine con la Cina. Tajikistan)

 (Al confine con la Cina. Tajikistan)

 (Al confine con la Cina. Tajikistan)


(Al confine con la Cina. Tajikistan)

 (Al confine con la Cina. Tajikistan)

 (Al confine con la Cina. Tajikistan)

(Al confine con la Cina. Tajikistan)

Siamo tutti felici e baldanzosi, ci sentiamo dei leoni.
Fino a quando non arriviamo alla homestay Erkin, dove passeremo la notte a 4.061 metri.
Iniziamo ad accusare i colpi del mal di montagna: acuto mal di testa, nausea, riflessi rallentati e sonnolenza. Penso di essermi sentita così male solo quando ho visto per la prima volta il Piemontese indossare il marsupio e il cappello da esploratore sfigato.

 (Karakol, Tajikistan)

 (Il tracollo, Karakol, Tajikistan)

 (Il tracollo, Karakol, Tajikistan)

(Il tracollo definitivo, Karakol, Tajikistan)

Riusciamo a fare una breve passeggiata al lago Karakol, poi siamo completamente ko e finiamo a letto prima che faccia buio.

(Lago Karakol, Tajikistan)

 (Lago Karakol, Tajikistan)

 (Lago Karakol, Tajikistan)

 (Lago Karakol, Tajikistan)

 (Lago Karakol, Tajikistan)

 (Lago Karakol, Tajikistan)

 (Lago Karakol, Tajikistan)

 (Karakol, Tajikistan)

(Karakol, Tajikistan)

(Karakol, Tajikistan)

 (Lago Karakol, Tajikistan)

 (Karakol, Tajikistan)

 (Karakol, Tajikistan)

(Cena, Karakol, Tajikistan)

La stanza è essenziale, due lettini e una lampadina che pende dal soffitto. Fuori, nel cortile, due latrine. Niente doccia. Solo un piccolo lavandino all'aperto dove sciacquarsi la faccia.

(La stanzetta, Homestay Erkin, Karakol, Tajikistan)

Fa un freddo becco, indossiamo tutti gli indumenti pesanti che abbiamo portato. Praticamente siamo vestiti come in Italia a febbraio.
Considerando che ci sveglieremo un tot di volte per andare in bagno, viste le litrate di thè verde ingurgitato per sopire il mal di montagna, andiamo a letto direttamente vestiti, sotto le coltri pesanti che nemmeno a Oslo si sognerebbero.
E buonanotte suonatori.

 (Lago Karakol, Tajikistan)

 (Lago Karakol, Tajikistan)

(Lago Karakol, Tajikistan)



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