Cronache dalla frontiera, Atto I - Verso Osh

2 Agosto 2019 - 23 Agosto 2019

(Incontri, Bazar di Osh, Kyrgyzstan)

Arriviamo preparati al peggio: dopo l'avventura della frontiera uzbeko-turkmena di due anni fa, nessuno può spaventarci, anche la catastrofe peggiore a noi pare come tapparsi il naso per farla in una latrina.
Potremmo impiegarci mezz'ora come mezza giornata.
Salutiamo Mahmood che ci indica con la mano la direzione accompagnandola con un "Kyrgyzstan, Kyrgyzstan" che non lascia spazio a fraintendimenti, ci carichiamo gli zaini in spalla e ci incamminiamo verso il confine uzbeko-kyrghyzo.
Ovviamente niente foto, impossibile. Ne scatto una in lontananza che non rende l'idea del grado di bombardamento di questo posto. Sulle colline si intravedono colonne di fumo e pare di essere a Kabul.

(Verso la frontiera uzbeko-kyrghyza)

(Verso la frontiera uzbeko-kyrghyza)

(La frontiera uzbeko-kyrghyza, in lontananza)

Primo controllo uzbeko: "Passaport, please" e mi sembra un déjà-vu.
"Italia? Italiano?".
E mi gira già la testa, non possiamo ricominciare tutta la solfa di due anni fa: "Yes, Italia, Italiana".
"Go! Go!"
Procediamo fino alla baracca figa dei controlli uzbeki: c'è un edificio prefabbricato in plastica, entriamo, primo controllo bagagli nella macchina x-ray. Il poliziotto mi ferma e mi fa segno che vuole controllare il bagaglio.
Sgrano tutti i santi del rosario (a mente, però, che non si sa mai che qui qualcuno capisca pure l'italiano). Chiede conto del contenuto di una custodia.
"Videocamera."
"Venice?"
E io fatico a capire la connessione tra le due cose. Iniziano entrambe con la V, è sufficiente? O si tratta di un tranello?
"Videocamera, not Venice".
"You italian. Venice?"
"No, Milan"
"Ahahhhhhhhhh, Milan Inter"
E a me già sentirli così in sequenza, questi due nomi, mi fa gelare il sangue.
"Inter is better than Milan".
Ride e dice "Go, go".
Terzo controllo uzbeko: arriviamo ad una serie di postazioni fashion bianche. Ovviamente la coda non c'è e non sai dove metterti, ma siccome ormai siamo provetti intenditori delle dinamiche di scavalco della fila degli amici a Est, scegliamo di andare avanti e piazzarci dove c'è meno da aspettare.
Il poliziotto guarda il passaporto.
"Italia? Italiano?"
"Yes"
"Ielena Buzzi?"
Vorrei dirglielo che è ovvio che sono Ielena Buzzi, perché è scritto sul passaporto e che, se anche fossi Gennaro Savastano sotto copertura non lo confesserei certo a lui, ma alla fine scelgo di dire solo "Yes", sfoderando il mio migliore sorriso.
Parte una conversazione surreale sui luoghi visitati e sul fatto che non c'è più bisogno del visto: si inserisce anche un altro poliziotto seduto nella postazione di fronte che inizia ad urlare "Visa! Visa!".
Non ne capisco il senso ma ho imparato ad abdicare a qualsiasi logica quando mi trovo a fare un giro da queste parti. La caciara finisce con un "Go! Go!".
Usciamo ufficialmente dall'Uzbekistan ed entriamo nella no man's land: una serie di buche sconnesse animano la strada che ci porta ai controlli kyrghyzi.
Stavolta entriamo con duemila altre persone autoctone in un parallelepipedo di truciolato. E non lo dico per fare scena, ma perché si tratta effettivamente di un parallelepipedo costruito con pannelli di truciolato: all'interno il soffitto (in truciolato) è così basso che dal mio metro e sessanta mi viene da abbassare la testa, quattro minuscole postazioni (in truciolato), con fili penzolanti ovunque, ventilatori attaccati al soffitto e code intermittenti nello spazio di un metro. Potremmo fare il trenino cantando "Maracaibo mare forza nove", se non fosse che qui nessuno ha voglia di scherzare e io non ho voglia di finire in una gattabuia locale.
Mi metto in coda dietro a due che sembrano tatari, vengo brutalmente superata da un ragazzo che passa la frontiera con un passaporto nella destra e un melone nella sinistra e da un vecchio che però arriva dal retro della postazione dei poliziotti e ancora devo capire come ha fatto.
Alla fine riesco a raggiungere il check point: mentre fanno il controllo incrociato coi loro potenti mezzi, non riesco a non chiedermi il motivo per cui i cappelli della polizia kyrghyza siano così inutilmente grandi.
Questi non dicono una parola, solo "ok".
Esco dal cubo in truciolato, mi ricongiungo al Piemontese e ci incamminiamo verso l'ultimo controllo.
"Passport, please!"
E subito dopo "Italia? Italiano?"
"Yes"
"Ahaaaaaahhhhhhhhh"
E già mi aspetto lo snocciolamento di calciatori, cantanti, Adriano Celentano, Toto Cutugno, squadre e anche l'attacco della strofa di Azzurro.
E invece mi sorprendono.
"Welcome to Kyrgyzstan!" dice il poliziotto che è la versione bassa di Arnold Schwarzenegger. Saremo anche i benvenuti, ma se me lo dice così a me viene voglia di tornare indietro.

Talant, la nostra guida per la visita a Osh, ci aspetta subito fuori dalla zona di frontiera: superprofessionale ed efficiente, dopo una breve sosta in hotel per scaricare il bagaglio, ci fa visitare  la piazza principale con la statua di Lenin che, al contrario di altri Stan, qui hanno voluto mantenere perché dice "è la storia: la storia non si può cambiare ma bisogna ricordarla".

(Osh, Kyrgyzstan)

(Osh, Kyrgyzstan)

(Chiesa ortodossa, Osh, Kyrgyzstan)

(Monumento ai caduti della Seconda Guerra Mondiale, Osh, Kyrgyzstan)

Parliamo di politica mentre attraversiamo un parco bellissimo e ammiriamo la chiesa ortodossa.
Come sempre nel nostro girovagare ci piace perderci nei mercati e anche questa volta andiamo al bazar di Osh, uno dei più grandi in Asia centrale e un tempo importante snodo sulla Via della Seta: abiti, cibo, spezie, profumi, arredamento, polli, gioielli e poi falegnami, fabbri, macellai. È un modo di osservare e capire un po' di più questo mondo: assaggiamo anche la bevanda nazionale, acqua frizzante mischiata a caramello, distribuita da un macchina dei tempi dell'Unione Sovietica supervisionata da un figo kyrghyzo e da una serie di personaggi con cui scambiamo qualche battuta.

(Al mercato, Osh, Kyrgyzstan)

(Al mercato, Osh, Kyrgyzstan)

(Al mercato, Osh, Kyrgyzstan)

(Al mercato, Osh, Kyrgyzstan)

(Al mercato, Osh, Kyrgyzstan)

(Al mercato, Osh, Kyrgyzstan)

(Al mercato, Osh, Kyrgyzstan)

(Al mercato, Osh, Kyrgyzstan)

(Al mercato, Osh, Kyrgyzstan)

(Al mercato, Osh, Kyrgyzstan)

Talant ci fa scalare pure il Suleiman Too, una montagna, sacra per i musulmani e meta di pellegrinaggio perché pare che il profeta Maometto vi si fosse ritirato in preghiera. Sulle pendici vi sono numerose piccole grotte ognuna dotata di un potere curativo (contro l'infertilità, il mal di schiena, il mal di mano, il mal di cuore, etc). In cima, alla fine di una salita che sotto il sole delle 3 diventa un attentato alla vita, c'è la casa di Babur, ricostruzione di una sala di preghiera del 1400 che il quattordicenne fondatore della dinastia di Moghul fece costruire proprio qui.
Scendiamo i diecimila pericolosi gradini che portano alla moschea di Juma, la più antica di Osh e perdiamo i sensi alle 8 di sera, morti di sonno.

(Dal Suleiman Too, Osh, Kyrgyzstan)

(Dal Suleiman Too, Osh, Kyrgyzstan)

(Dal Suleiman Too, Osh, Kyrgyzstan)

(Dal Suleiman Too, Osh, Kyrgyzstan)

(Suleiman Too, Osh, Kyrgyzstan)

(Quartieri residenziali, Osh, Kyrgyzstan)

(Bus stop, Osh, Kyrgyzstan)

(Il tramonto su Osh, Kyrgyzstan)



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