Polvere afgana

2 Agosto 2019 - 23 Agosto 2019

(Polvere afghana, Langar)

Ci svegliamo nella homestay di Langar con la schiena rotta: il Piemontese ha ancora qualche linea di febbre nonostante la tachipirina, io invece non ho più l'età per le soluzioni spartane. Il nostro giaciglio contava su una struttura in legno con un materassino casalingo sottile sottile e l'ho pagata. Il posto è stupendo: un piccolo villaggio in mezzo al verde, ai piedi delle vette innevate del Pamir afgano e tajiko, con un ruscello che scorre impetuoso proprio vicino al nostro alloggio.
Kasha di riso e latte, malina (marmellata di lamponi), pane, tè verde: questa la nostra colazione nel silenzio della casa, in compagnia di un gatto malconcio.
Sono tre giorni che non ci laviamo, manteniamo un minimo di decoro solo grazie alle salviettine umidificate. Qui la doccia non esiste e i servizi igienici sono, nel migliore dei casi, basilari. Così rimaniamo impolverati, fondamentalmente sporchi e a tratti puzzolenti.
Ci stiamo ancora mettendo le scarpe e già dal nostro veicolo si sente provenire la tradizionale musica tajika sparata con lo stesso volume che si usa alle giostre: Firdavs colpisce ancora. Lui ha dormito in macchina perché dice che con il ruscello vicino gli sembra di tornare alla natura della sua infanzia.
Anche oggi proseguiamo il nostro cammino nel Wakhan Corridor, costeggiando il fiume Pamir: il confine con l'Afghanistan è a pochi metri. Lo spettacolo è davvero senza paragoni e lo sarebbe ancor di più senza quella che Borbad ci spiega essere la "polvere afgana", proveniente appunto dall'Afghanistan e portata dal vento: rende l'aria sporca come se ci fosse foschia, limitando la visibilità della valle del fiume Pamir, delle vette innevate e delle montagne che si stagliano di fronte a noi.
E' un fenomeno che ricorre tre volte l'anno in estate e arriva fino alla capitale Dushanbe.

 (Fiume Pamir, confine tajiko-afghano)

 (Fiume Pamir, confine tajiko-afghano)

 (Fiume Pamir, confine tajiko-afghano)

 (Fiume Pamir, confine tajiko-afghano)

 (Fiume Pamir, confine tajiko-afghano)

 (Fiume Pamir, confine tajiko-afghano)

 (Fiume Pamir, confine tajiko-afghano)

 (Fiume Pamir, confine tajiko-afghano)

(Fiume Pamir, confine tajiko-afghano)

Ci fermiamo nei pressi delle rovine di un'antica stupa buddista del V-VI secolo, quando l'intero territorio era occupato da un'unica grande città, senza confini a dividerla.

 (Il giovane accompagnatore, sito della stupa buddista)

 (Sito della stupa buddista)

 (Il Pamir afghano)

 (Il giovane padawan tajiko e il maestro Yoda)

 (Pamir afghano)

 (Polvere afghana, confine tajiko-afghano)

(Stupa buddista)

Attraversiamo villaggi e campi punteggiati da uomini, ma soprattutto donne chine a strappare erbacce o prendersi cura del raccolto. È un'agricoltura difficile e faticosa. Al nostro passaggio trovano tutti il tempo per alzare lo sguardo verso di noi, guardandoci con curiosità.

 (Campi)

(Fiume Pamir, confine tajiko-afghano)

Attraverso una deviazione dalla strada sul confine afgano, ci inerpichiamo per 8 chilometri su quello che è poco più di un tracciato: la vista sulla vallata è fenomenale così come quella che si gode dal forte Yamchun: costruito nel II-I secolo avanti cristo, era una vera e propria cittadella, dimora del re e di parte del suo popolo. La posizione è strategica: su un promontorio che domina l'intera vallata, consentiva di vedere per chilometri l'arrivo di stranieri, mercanti o nemici. Anche se in realtà qui nessuno è mai arrivato, come ci tiene a sottolineare Borbad: né Alessandro il Grande né Gengis Khan, troppo dispendioso e troppo difficile geograficamente e tatticamente. Le montagne del Pamir hanno costituito per millenni una difesa naturale.

 (Forte Yamchun)

 (Forte Yamchun)

 (Forte Yamchun)

 (Forte Yamchun)

 (Vista dal forte Yamchun)

 (Vista dal forte Yamchun)

(Forte Yamchun)

Facciamo tappa alle terme di Bibi Fatima, considerate sante dagli autoctoni. Ci ho messo un po' a vincere le mie resistenze: si entra separati, uomini e donne, e completamente nudi per non contaminare l'acqua.
È un'esperienza nuova e come tale decido di coglierla: entro in una piccola stanza che funziona da atrio dove ci si toglie tutti i vestiti prima di immergersi nei bagni veri e propri.
Scendo due gradini e mi ritrovo in un'acqua piacevolmente calda. Sulla parete di roccia da cui sgorga l'acqua è visibile un pertugio a forma di utero: dicono che, tra le altre proprietà, vi sia anche quella di favorire la fertilità. Per questa ragione queste terme sono meta prediletta da molte donne.
Al momento però ce n'è solo una a mollo, una turista.
Arrivano poi altre tre ragazze locali.
Nonostante la mia refrattarietà iniziale, devo dire che la scelta finale è stata propizia: mi sento rilassata e rigenerata.
Arriviamo a Yamg, dove pernotteremo: la homestay da dove sto scrivendo il post in questo momento è un piccolo angolo di paradiso, circondata dai fiori, dagli alberi di melo, con il vento che soffia e il profumo della menta.
Una casa piena di donne e bambine, che ci salutano chi con garbo e grandi sorrisi, chi con maggiore timidezza e riservatezza.
Nel pomeriggio visitiamo il museo dedicato a Mubarak Kadam Wakhani, poeta, filosofo, astronomo e mistico sufi, vissuto tra il 1843 e il 1903.

 (Museo Mubarak Kadam Wakhani, Yamg)

È stato il primo a tradurre passi del Corano in lingua tajika usando i caratteri farsi. Ha inoltre ideato uno strumento musicale simile ad una chitarra ma con 17 corde e ha inventato un calendario solare ancora oggi in uso, che identifica i giorni dell'equinozio primaverile e di quello autunnale: lo visitiamo proprio nel giardino davanti al museo. La struttura è stata costruita dal padre dell'attuale curatore, che rappresenta la quarta generazione di discendenti del poeta. Due piccole stanze con le raccolte dei poemi, degli strumenti musicali e dei manufatti del XIX secolo. 

 (Museo Mubarak Kadam Wakhani, Yamg)

 (Museo Mubarak Kadam Wakhani, Yamg)

(Museo Mubarak Kadam Wakhani, Yamg)

(Calendario solare)

 (Incontri)

 (Foto di gruppo)

 (I Pivelli con lo sfondo romantico, Yamg)

(Pamir afghano visto da Yamg)

La parte più interessante, come sempre, arriva quando parliamo con le persone: ancora una volta la discussione vira sulla religione, sulle connessioni che esistono tra credenze diverse, sull'appartenenza allo stesso genere umano, su come ci poniamo di fronte agli eventi della vita, su come etichettiamo il mondo, su come le religioni ci dicono ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. E ancora una volta trovo che le differenze tra islam e cristianesimo siano meno delle cose che li accomunano: ogni volta che parlo con un musulmano mi sento dire che ciò che conta è il rispetto dell'altro, la pace e la solidarietà tra persone. Nel Corano tre sono le regole quando si discute con qualcuno che non abbraccia la stessa fede: usare la logica, non alzare mai la voce e lasciare che ognuno abbia le proprie credenze.
La cena è fonte di altre conoscenze, stavolta sul mondo femminile: grazie ad una raffica di domande, scopriamo che le donne si sposano a partire dai 16 anni, c'è una forte pressione sociale verso il matrimonio e la costruzione di una famiglia. Lo studio accademico è disincentivato ed è pressoché impossibile che una ragazza (anche nelle città più grandi) scelga di studiare e andare a vivere da sola. Le famiglie "suggeriscono", sia alle ragazze che ai ragazzi, chi sposare e il rifiuto è impensabile.
I tajiki amano moltissimo i bambini: da qui discende l'impossibilità che due sposi scelgano di non avere figli. Passati tre anni dal matrimonio, non aver generato è visto con sospetto e sicuramente non è considerato socialmente accettabile.
La conversazione è aiutata da fiumi di tè verde; ci prendiamo ancora qualche momento per stare sul patio, in silenzio, ad ascoltare il vento di casa che soffia costante.

 (Yamg, homestay)

(Scrivere il blog a Yamg)



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