Bukhara

Appuntamento alle 8:30 con Damir: ci aspetta un lungo viaggio on the road to Bukhara, altra tappa sulla Grande Via della Seta.
4 ore e mezza su quella che lui definisce una moderna autostrada: fosse, buche, dislivelli, anche se nulla a confronto della strada per Urgut.
Questione di prospettive.

(Moschea Kalyan, cortile interno, prospettive)

La mattina presto le strade fervono già di attività: ci sono donnine bardate come guerriere ninja che spazzano le strade, cappello, bandana, mascherina che copre completamente il viso, si vedono a malapena gli occhi. Potrebbero sembrare quasi inquietanti se non se ne conoscesse il lavoro. Lo svolgono con grande meticolosità, puliscono strade e aiuole, tagliano l'erba con le forbici: prati interi, estensioni di verde con delle forbicine da unghie. 
Roba che quando le ho viste ho pensato di fare una donazione al governo uzbeko per dei tosaerba.
Ma niente. Qui funziona così. Sono bombardati peggio che a Kuzir.

(Donnina che pulisce le strade)

Passiamo estensioni a perdita d'occhio di campi coltivati a ciliegie, pesche, albicocche, cotone, tabacco: in mezzo, come puntini in un oceano verde, uomini e donne chini a zappare, sarchiare, raccogliere. È un'agricoltura ancora quasi completamente manuale, dove si fa una fatica boia. Damir ci tiene a sottolinearlo: in Uzbekistan lavoriamo duro, in Turkmenistan non è così.
Là hanno gas a profusione, sono ricchi: se comperi una macchina lo Stato ti regala 400 litri di benzina.
Però non possono fumare: la vendita di sigarette è proibita in tutto il Paese. Ci si arrangia col mercato nero. 

Arriviamo in città nel tardo pomeriggio, dopo esserci fermati al caravanserraglio Rabbati Malik, alla costruzione per la raccolta dell'acqua di Sardoba, risalente al XII-XIII secolo, e al Palazzo d'Estate, residenza dell'ultimo emiro di Bukhara. 

(Sulla via per Bukhara, minareto)

(Sulla via per Bukhara, minareto, particolare)

(Sulla via per Bukhara, minareto, particolare)

 (Caravanserraglio Rabbati Malik)

(Sardoba)

(Palazzo d'Estate dell'emiro o Sitorai Mokhi Khossa, giardini)

 (Palazzo d'Estate dell'emiro o Sitorai Mokhi Khossa, interno)

Lasciamo i bagagli, ci riposiamo per un paio d'ore e usciamo per una prima visita randomizzata della città.
Degli 11 km di mura che la cingevano, ne è rimasto uno e mezzo. I punti di interesse artistico si snodano su un percorso di un paio di chilometri e percorrerli è come innamorarsi: mi attrae, è bello, sexy, intelligente, mi piace come parla, mi piacciono i suoi modi, le sue idee, quello che pensa.
Boom! Il gioco è fatto. 
È più o meno così con Bukhara: una sorpresa via l'altra, senza sosta, in un crescendo che porta alla definitiva perdizione.

(Khanqa di Nadir Divanbegi) 

(Per le vie di Bukhara al tramonto)

(Madrasa di Nadir Divanbegi)

(Madrasa di Nadir Divanbegi)

La mattina successiva partiamo dal mausoleo di Ismail Samani, uno degli unici due monumenti risparmiati dalla furia distruttrice di Gengis Khan: si dice che all'interno sia rimasto colpito dagli elementi architettonici a forma di cobra e da volti stilizzati in atteggiamenti aggressivi e che abbia deciso di non raderlo al suolo per superstizione. 
Noi rimaniamo impressionati dalla profonda simbologia zoroastriana, un culto antichissimo, dispensatore di messaggi di vita armonici con la natura ed estremamente pacifici.

(Mausoleo di Ismail Samani)

Proseguiamo con il mausoleo Chashma Ayub (la fonte di Giobbe).

(Mausoleo Chashma Ayub)

Passiamo la meravigliosa moschea di Bolo-Hauz prima di ammirare la facciata dell'Ark, il palazzo reale all'interno della città, abitata dal V secolo fino al 1920. 

(Moschea di Bolo-Hauz)

(Moschea di Bolo-Hauz, colonnato esterno)

(Moschea di Bolo-Hauz, colonnato esterno, particolare)

(Ark, fortezza)

 (Ark, mura)

(Ark, mura, particolare)

(Ark, mura esterne)

Ed è tutto un crescendo con la moschea Kalon, la medressa di Mir-i-Arab, una delle più straordinarie dell'Uzbekistan attualmente in attività, e il minareto Kalon, il secondo monumento che Gengis Khan non ha distrutto. Anche in questo caso le leggende si sprecano, ma a me piace quella secondo cui, arrivato in città, il bullo sia stato costretto ad alzare così tanto la testa per vedere la fine dei suoi 48 metri, che il copricapo gli sia caduto a terra e che si sia dovuto chinare a raccoglierlo. 
Nessuna persona e nessun evento fino a quel momento erano stati tali da indurlo a chinarsi. E lo coglie come un segno: per questa ragione si dice che l'edificio più alto dell'Asia Centrale sia ancora lì. Ci proveranno anche i russi con le cannonate ad abbatterlo, ma niente da fare... 



(Madrasa Mir-i Arab)

(Minareto Kalyan)

 (Minareto Kalyan e Madrasa Mir-i Arab)

 (Madrasa Mir-i Arab, particolare)

(particolare)

(Madrasa Mir-i Arab)

(Moschea Kalon, cortile interno)

(Moschea Kalon, cortile interno)

(Moschea Kalon, cortile interno)

(Moschea Kalon, cortile interno, particolare)

(Moschea Kalon, cortile interno)


(Moschea Kalon)

(Moschea Kalon e minareto Kalon)

(Colori)

(Madrasa di Abdul Aziz Khan, facciata, particolare)

(Madrasa di Abdul Aziz Khan, facciata, particolare)

(Bazar Taki-Zargaron)

(Medresa di Ulugbek)

E poi un susseguirsi di altre meraviglie: tra il Taki-Telpak Furushon (il bazar dei cappelli) e il Taki-Zargaron (il bazar dei gioiellieri) spunta la Maghoki-Attar, la moschea più antica dell'Asia centrale. Conclude la triade dei bazar il Taki-Sarrafon, quello dei cambiavalute. 

(Bazar Taki-Sarrafon)

(Moschea Maghoki-Attar)

Il giro finisce nella Lyabi-Hauz, una piazza costruita attorno ad una vasca, circondata da gelsi antichissimi e da due edifici notevoli: la medressa di Nadir Divanbegi e la Khanaka di Nadir Divanbegi, una sala di contemplazione sufi. 

(Lyabi-Hauz)

(Madrasa di Nadir Divanbegi, facciata)

(Khanaka di Nadir Divanbegi)

Con Rustan, la nostra guida, parliamo a lungo dell'Islam, di quello che raccontano (a noi occidentali) e di quello che loro, i musulmani, praticano ogni giorno. 
Tanti sono gli elementi teologici che accomunano Islam e Cristianesimo. 
Quello che posso testimoniare da qui, ciò che provo ogni volta che entriamo in una moschea e vediamo una schiena china nella preghiera, è commozione e serenità. 
Non ho ancora sentito di un dio che predichi odio e morte. 
Il desiderio degli uomini e delle donne è vivere in pace e il segreto è mantenere un cuore aperto, sempre in ascolto.
Il resto è mistificazione.

(Cena con vista sui tetti di Bukhara, tramonto)

Dal momento che sono abitudinaria, da quattro anni a questa parte in vacanza mi ammalo: anche questa volta sono fiaccata quindi da un raffreddore fantozziano. Sotto questo sole poi non è che aiuti, se ci aggiungiamo che non voglio mettermi il cappello da sfigata che ho comperato alla Decathlon, il pericolo insolazione è dietro l'angolo. Passiamo al b&b, riposiamo un'ora, il tempo di bombarmi di zerinol e siamo di nuovo in strada per andare a vedere quella che è la copertina della Lonely Planet dedicata all'Asia Centrale. 
Dal vivo.

(Char Minar)

(Char Minar, particolare)

(Char Minar, particolare)

Lungo il percorso ci sono tanti vecchietti posizionati strategicamente a certi angoli della strada, che ancora prima che tu possa dare l'idea di esserti smarrito ti dicono "Char Minar" e con un gesto della mano ti indicano la direzione giusta. Sì, perché districarsi nel dedalo di viuzze della città è un'arte patrimonio solo degli autoctoni. Gli altri, cioè noi, girano come disperati, perdendosi, tornando indietro, confondendo le direzioni e smarrendo l'orientamento. 

Una menzione d'onore la merita il nostro b&b: a parte il personale supergiovane che parla un inglese fluente (da non sottovalutare da queste parti), è un edificio antico, con un cortile fresco e silenzioso e una sala delle colazioni del XIX secolo, a metà tra il decadente e il bohemienne, che merita da sola la prenotazione di una camera qui. 

(Il nostro b&b, cortile interno)

(Il nostro b&b, sala colazione)

Apro una parentesi [nonostante le differenze per cultura e tradizioni, ci sono cose che non cambiano. Una di queste sono gli umarel. È confermata anche in Uzbekistan la loro presenza: sono persone anziane che si posizionano proprio in prossimità degli scavi, chiedendo informazioni, fornendo suggerimenti e alzando la voce se necessario]. Chiudo la parentesi.

(Umarel uzbeko)



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