Deserto del Karakum - Porta dell'Inferno - Konye Urgench

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno)

Raccontare il deserto è sempre stato difficile: è raro che io rimanga senza parole ma è quello che mi succede qui. Forse parla alla mia pancia, forse è come quando ci si innamora e il linguaggio non è più sufficiente.

(Deserto del Karakum, sabbia) 

 (Deserto del Karakum)

 (Deserto del Karakum)


(Deserto del Karakum)

Oggi attraversiamo il deserto del Karakum: in turkmeno significa "sabbie nere" perché il nero è il colore della sfortuna. Se qui finisci benzina o acqua non c'è verso che tu sopravviva. Magari la prima persona passa di lì dopo un mese e tu sei già bello andato.
La strada che percorriamo non esisteva prima del 1991: adesso è una comodissima striscia di asfalto con buche e fossi.

(Deserto del Karakum, strade)

(Deserto del Karakum, strade)


(Deserto del Karakum)

(Deserto del Karakum, riflessi di un volo)

(Deserto del Karakum, comunità di Erbent)

(Deserto del Karakum, autogrill)

(Deserto del Karakum, toilette dell'autogrill)

L'intento è attraversare il Karakum e spingerci fino a quello che i locali chiamano Darvaza e che tra i viaggiatori è conosciuto come Hell's Gate, la Porta dell'Inferno: un cratere creato negli anni 50 durante i sondaggi per la ricerca di gas da parte dei sovietici. Il gas l'hanno trovato, nel senso che da allora il cratere brucia ininterrottamente dando davvero l'impressione di trovarsi alle porte dell'inferno.
Dante si sentirebbe a casa.

In realtà, lungo la strada i crateri sono tre: sul fondo del primo si trova acqua, nel secondo fango che ribolle per la presenza di gas sottorranei e nel terzo, appunto, fuoco.
Acqua, terra e fuoco: i tre elementi che per l'antichissima religione zoroastriana costituiscono l'universo.
Tre crateri, tre elementi.
Semplice coincidenza?

(Deserto del Karakum, primo cratere, acqua) 


(Deserto del Karakum, secondo cratere, fango)

Arriviamo a destinazione prima del tramonto: la Porta dell'Inferno è uno spettacolo unico al mondo, rimaniamo ipnotizzati dalle fiamme che si alzano dal cratere, dal caldo che si sprigiona, dai vapori che ne escono. È una bocca che parla dal ventre della Terra in una lingua antichissima.


(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno)

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno)

 (Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno)

 (Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno)

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno)

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno)

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno)

 (Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno, calore)

 (Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno)

Nel frattempo un altro fuoco viene acceso, si prepara una zuppa di cipolle, patate, cavolo, pomodoro e alloro. Poi del pollo arrosto. Anguria e melone per dessert. E il chai, l'immancabile thè verde, a cui Jabbar, vegetariano in una nazione che mangia praticamente solo carne, non sa rinunciare.

(Deserto del Karakum, Darvaza, cena)

(Deserto del Karakum, Darvaza, cena)


(Deserto del Karakum, Darvaza, fuochi)

(Deserto del Karakum, Darvaza, fuochi) 

(Deserto del Karakum, Darvaza, il tè nel deserto)

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno) 

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno) 

I pochi turisti che rimangono a dormire qui oltre a noi (una coppia di tedeschi e un gruppo misto di canadesi e polacchi del Mongol Rally, partiti dall'Inghilterra, su macchine sgangheratissime, per arrivare fino a Ulan Bator) si raccolgono tutti attorno al cratere che illumina la notte: un bagliore immenso in mezzo al deserto. Figure sul bordo dell'abisso, silenziosi spettatori della Meraviglia, adoratori del fuoco, come novelli zoroastriani.

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno, adoratori del fuoco) 

 (Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno, ai bordi dell'abisso)

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno, sull'orlo del baratro) 

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno, sull'orlo del baratro) 

(Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno, adoratori del fuoco)

Se la terra produce bellezza, anche il cielo non scherza: una volta celeste così non mi era mai capitato di vederla. Sembra che voglia caderci addosso, milioni di stelle, la via Lattea, il Carro, Orione, i Gemelli e tante altre che non riconosco.
E stelle cadenti. Diverse. Che ci invitano a cercare nuovi desideri.

Oltre ai desideri però ci sono anche i bisogni: muniti di torcia, effettuiamo un sopralluogo ed eleggiamo un cespuglio secco a bagno presidenziale, poi ci sdraiamo nella nostra tenda, dormiamo così come siamo arrivati, con gli stessi vestiti che abbiamo addosso.
Il sole è già lì che bussa alla nostra tenda, si insinua tra le cerniere. Ed è altra meraviglia che sveglia il mondo con una nuova promessa.


(Deserto del Karakum, Darvaza, alba)

(Deserto del Karakum, Darvaza, camera con vista) 

(Deserto del Karakum, Darvaza, risvegli) 

 (Deserto del Karakum, Darvaza, a cosa pensi?)

(Deserto del Karakum, Darvaza, alba)

(Deserto del Karakum, Darvaza, alba)

(Deserto del Karakum, Darvaza, alba) 

(Deserto del Karakum, Darvaza, ombre lunghe) 

(Deserto del Karakum, Darvaza, terra e sabbia)

Vedo Jabbar che prega in direzione della Mecca, rende grazie al suo dio, come in una danza aggraziata.


(Deserto del Karakum, Darvaza, in preghiera)


(Deserto del Karakum, Darvaza, in preghiera)

Si accende un altro fuoco, questa volta per il caffè della colazione.

 (Deserto del Karakum, Darvaza, sala colazioni)


(Deserto del Karakum, Darvaza, sala colazioni con vista)


(Deserto del Karakum, Darvaza, strade)

 (Deserto del Karakum, Darvaza, Porta dell'Inferno)

Ed è di nuovo tempo di rimettersi in viaggio attraverso il deserto del Karakum, su di una strada che ci farà ballare molto, ci avvisa Jabbar. Effettivamente è la più bombardata tra quelle bombardate che abbiamo percorso finora, dune, sabbia, ogni tanto asfalto, poi sassi, buche e fossi. Raslan corre a 140 all'ora dove può, si butta sulla sinistra repentinamente, che alle volte mi sbaglio e penso di essere in Inghilterra, frena, sceglie sterrati secondari e io lo immagino a Milano: gli stenderebbero il tappeto rosso e il milanese imbruttito abbasserebbe lo sguardo per rispetto.
Oppure, per quanto è figo, potrebbe sfilare per Armani.

La direzione è quella per Konye Urgench, una delle città simbolo della Corasmia. Abitata anticamente da un popolo con un proprio alfabeto, molto istruito, fiero e combattivo, di cui non rimangono però che poche testimonianze architettoniche risalenti al XII e al XV secolo. Dei capolavori unici da cui si intuisce la bellezza e la grandezza della civiltà che li ha creati.
Distrutta sette volte (una da Gengis Khan e sei da Tamerlano), fu ricostruita altrettante volte, a riprova della tenacia dei suoi abitanti.

(Konye Urgench)

(Konye Urgench, mausoleo di Tekesh)

(Konye Urgench, particolare) 

 (Konye Urgench, minareto Kutlug-Timur)

(Konye Urgench, minareto Kutlug-Timur, pellegrine in preghiera) 

(Konye Urgench, mausoleoTurabek Khanum) 

(Konye Urgench, mausoleoTurabek Khanum, interno, cupola, particolare della decorazione) 


(Konye Urgench, mausoleo di Naim ad-Din al-Kubra)

(Konye Urgench, mausoleo di Naim ad-Din al-Kubra, portale d'ingresso, particolare)

Qui ci osservano tutti con grande sorpresa. Le più audaci sono un gruppo di ragazze del luogo che ci ferma, ci chiede in un inglese stentato da dove veniamo, vogliono fare delle foto con noi.
Un intero servizio fotografico, con i cellulari di ognuna: loro sono bellissime, giovani, invincibili con i loro occhi gentili e ospitali.

(Konye Urgench, beato tra le donne) 

(Konye Urgench, sorrisi) 

(Konye Urgench, incontri fortuiti) 

(Konye Urgench, ciao ciao)

Pranziamo in un ristorante coreano (sono molti i coreani che si trovano in Turkmenistan a causa delle persecuzioni di Stalin) e percorriamo il tratto di strada che ci separa dalla frontiera uzbeka. 

Salutiamo Jabbar come si farebbe con un amico, sento tutta la tristezza di non poter proseguire con lui, ma abbiamo imparato che anche questo fa parte del viaggio: saper trattenere il bello che gli incontri ci hanno dato e saper lasciar andare quando è il momento.



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