Parco Altyn Emel - Le dune che cantano

4 Agosto 2018 - 21 Agosto 2018

(The Singing Dunes)

Con il senso di precarietà appiccicato addosso e il fatalismo tagliato su misura, saliamo sul fuoristrada con Kasim, il nostro autista, e Diana, la guida.
Kasim (che si pronuncia Ksm, immaginando si saltare le vocali e aspirando la K) è un coetaneo kazako con l'aspetto di un guerriero navigato, silenzioso e riservato, avrà detto quattro parole in due giorni: le prime due sono state Salyem, le altre due non le sapremo mai e suppongo le abbia pronunciate quando dopo cena gli abbiamo fatto intendere che saremmo tornati a piedi in hotel.
In fondo siamo solo in un posto dove ogni indicazione è scritta in un altro alfabeto e dove possiamo certamente chiedere aiuto ad un passante che ci risponderà in russo, in kazako o in uno dei tanti dialetti nomadi ancora in uso.
Kasim mangia patatine al gusto barbeque alle 10 del mattino, alternate a dei chewing-gum di cui si indovina il gusto menta fino al sedile posteriore.
Come ogni autoctono che si rispetti, ama la musica disco, tecno, pop, internazionale e kazaka. E lo sappiamo perché la spara a palla ancor prima che si riesca a mettere piede in macchina.
È mite: il disappunto lo nasconde dietro quelle due fessure da cui ti aspetti possa scagliare raggi gamma e incenerire qualsiasi cosa se lo fai incazzare.
È scrupoloso e si vede da come ci indica le cose importanti che non riesce a spiegare, accompagnando i gesti con parole per noi del tutto incomprensibili.

(Verso il Parco Altyn-Emel)

(Verso il Parco Altyn-Emel)

(Verso il Parco Altyn-Emel)

(L'uomo che sussurrava ai cavalli)

Ci fermiamo in una specie di discount e facciamo un pochino di spesa: frutta e acqua.

(Discount)

(Ferrero rulez all over the world)

Poi ad una stazione di servizio e inizia la sequela di latrine: "la mia era un poema crepuscolare", dice il Piemontese. La mia invece non ve la spiego perché non saprei quali termini usare.

(Latrina bucolica)

Più ci allontaniamo dalla città, più diventiamo "stranieri": ci guardano con interesse e sempre con un sorriso, soprattutto i bambini.
Facciamo l'intervallo su una strada sterrata, nel mezzo del nulla, all'ombra dell'unica pianta nel raggio di chilometri, nei pressi di un villaggio dove abita un medico molto famoso che cura le persone con erbe medicinali e per cui fanno la fila anche da altri paesi.

(Pranzo sulla strada)

Si balla parecchio fino all'ingresso del parco Altyn Emel, dove paghiamo il biglietto e ci consegnano un foglio di carta con una mappa scarabocchiata a mano e le indicazioni per arrivare alla guesthouse: una casetta in legno dove abita una famiglia che alleva pecore e fornisce rifugio ad una specie rara di cavalli (che vive solo allo stato brado e che qui trova riparo da predatori come i lupi).

(Parco Altyn-Emel)

(Parco Altyn-Emel)

(Parco Altyn-Emel)

(Parco Altyn-Emel)

Dopo pranzo, grazie a Kasim, voliamo (letteralmente) alle Singing Dunes, le dune che cantano: la leggenda vuole che il diavolo, dopo aver ucciso molte persone senza alcun motivo, fosse stato scagliato sulla riva del lago e sepolto dalla sabbia. Ancora oggi si troverebbe lì per punizione e quello che si sente è il suo respiro.
E si sente, effettivamente: un suono basso, come il rombo del motore di un elicottero o di un aeroplano.
Saliamo a piedi nudi sulla duna, dicono abbia propietà benefiche per il fegato. Secondo me anche per l'anima perché il paesaggio che si gode da qui e la bellezza di questo posto sanno rimettere in pace col mondo.

(The Singing Dunes)

(The Singing Dunes)

(The Singing Dunes)

(The Singing Dunes)

(The Singing Dunes)

(The Singing Dunes)

(The Singing Dunes)

(Latrine cantanti)

(The Singing Dunes)

Sulla strada del ritorno si prepara una tempesta di sabbia, il cielo si fa scuro, non si vede a un palmo dal naso, chiudiamo tutti i finestrini. 

(Parco Altyn-Emel, tempesta di sabbia)

(Aria di tempesta)

(Aria di tempesta)

(Aria di tempesta)

(Aria di tempesta)

(Aria di tempesta)

Facciamo appena in tempo ad arrivare a casa e si scatena l'inferno: un temporale che sferza gli alberi e che porta ovunque il profumo della terra bagnata.
La famiglia che ci ospita per la notte ci sistema in una cameretta ricavata nel sottotetto, dove si schiatta dal caldo. Per arrivarci si sale una scala ripida, che nemmeno nell'Esorcista se la sognavano, e per non perdere l'equilibrio mi appoggio con le mani al gradino successivo.

(In soffitta)

(La casa nella prateria)

(L'Esorcista)

Il bagno, anzi i bagni (due), sono in condivisione con tutti gli abitanti e gli ospiti della casa, tra cui un gruppo di quattro ragazzi polacchi.
Lavarsi è un'impresa: c'è un piatto doccia scrostato e traballante, senza doccino, con un rubinetto piazzato a 50 centimetri da terra. Cerco di capire la fisica dei tubi e il mio livello di contorsionismo e decido che ce la posso fare. Mi accuccio il più possibile vicino al rubinetto e sono così brava che riesco anche a lavarmi i capelli.

(Se ce la fai vinci un premio)

Per cena sediamo a tavola con tutti gli ospiti. Rompo il ghiaccio e chiedo da dove vengono: sono di Danzica, stanno esplorando il parco.
Siamo ciarlieri: spaziamo dai luoghi comuni su polacchi e italiani alle loro fidanzate, dal lavoro alla politica, dai viaggi alle esperienze più strane vissute.
In queste occasioni, non si sa come, spunta sempre dell'alcool. Inizia così il balletto dei brindisi, uno all'Italia, uno alla Polonia, uno al Kazakhstan, uno ai viaggi, alle compagnie, alle avventure, alla salvaguardia delle specie in via di estinzione. Si sa, ogni scusa è buona: svuotiamo una bottiglia di cognac kazako e terminiamo con gli assaggi di chacha bianca, rossa e fruttata, fatta in casa, con una gradazione alcolica che non ricordo. 
O che preferisco non ricordare.
A voi la scelta.

(Gente di spirito)


(Cin)


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