Verso Taraz

4 Agosto 2018 - 21 Agosto 2018

(Kumis e sorrisi)

Io vorrei anche scrivere del Kazakhstan e della bellezza superlativa di questa terra, ma niente.
Ogni volta che ci provo succede che Kasim se ne esce con qualche aneddoto che distrae la nostra attenzione.
Stavolta non appena saliamo in macchina si rivolge al Piemontese e gli porge un regalo fatto con le sue mani: si tratta di un frustino per cavalli, simbolo del popolo kazako, portafortuna e amuleto. Messo in casa tiene lontane "le cose cattive". Ne spiega anche la composizione e il significato: ha scelto il ramo di una pianta apposita mentre eravamo al lago Kolsay, lo ha spezzato e ridotto ad una lunghezza specifica, lavorandone la parte più grossa.
Il ramo è corto perché corta è la vita.
E' decorato con lacci che lo abbelliscono perché nella vita possono capitare anche cose belle.
Ma è duro perché nella vita bisogna essere forti.
Io rimango senza parole, vedo il Piemontese commuoversi e indossare veloce i suoi occhiali da sole.

Nei 550 chilometri che maciniamo per arrivare a Taraz ne sentiamo di tutti i colori.
Come ogni mattina è particolarmente ciarliero e stordisce Diana con una serie di suoni ininterrotti.
Stavolta si viaggia su una comodissima autostrada, asfaltata e senza buche: la città lascia il posto alla periferia e poi ad una steppa arsa dal sole, dove vivono le volpi del deserto e le aquile.
Kasim ci spiega che una volpe può partorire, nell'arco della sua vita, da 50 a 80 cuccioli. I piccoli non sanno ancora che la strada è pericolosa e purtroppo molti vengono investiti dalle macchine.
Ne vediamo uno proprio dopo poco: Kasim accosta, si getta in mezzo all'autostrada, tra una macchina e un camion, e recupera il corpo senza vita della volpe posandolo a bordo strada.

(Kasim, un eroe ordinario)

Ci spiega anche che in questa zona vengono allevati dei cavalli da competizione molto pregiati, arrivano persino dalla Cina e dall'Arabia per comperarli.
Lui ama molto i cavalli, come tutti i kazaki, e tra l'altro è un domatore esperto di cavalli selvaggi: il metodo che qui hanno per domarne uno che vive allo stato brado è quello di catturarlo e poi portarlo in cima ad una montagna. Una volta in cima, lui sale in groppa all'animale e lo fa scapicollare giù per la montagna, cavallo e cavaliere cadono spesso, lui si è rotto entrambe le gambe e qualche volta anche le braccia. Ma dice che dopo due o tre discese dalla montagna, il cavallo si abitua e accetta la presenza dell'umano sul proprio dorso.
Bruce Willis impallidirebbe e si darebbe alle commedie d'amore.
Io credo di averlo guardato come da ragazzina sedicenne guardavo le foto di Axl dei Guns 'n Roses. Vorrei chiedergli un autografo sul braccio e non lavarmelo più per il resto dei miei giorni.

(On the way to Taraz)

Alla sezione "Cose assolutamente da evitare" della Lonely Planet di'stacippalippa abbiamo dato, come d'uso, una rapida scorsa, giusto per non sentirci irresponsabili. 
Decidiamo quindi scientemente di impipparcene di tutte le raccomandazioni, preferendo il rischio di un cagotto ad una mancata esperienza. Ed è così che per pranzo facciamo tutto quello che ogni guida e ogni centro vaccinale sconsigliano: alla faccia di qualunque norma igienica, ci fermiamo lungo la strada (proprio sul ciglio) e consumiamo kumis (latte fermentato di giumenta) accompagnato da delle specie di panzerotti fritti ripieni di patate, uova ed erba cipollina, col beneplacito delle principesse Disney che mi sorridono da una tovaglia rosa plastificata.
Mi guardano e mi sembra di sentirle ripetere il mantra "bravascema-haiun'età-ancoraafarelaspavalda?-escherichiacoli-maledizionedimontezuma-latrina": ma io riesco solo a vedere il rosa e le principesse.
A me, capite? Proprio a me le principesse Disney.

(Pranzo)

(Pausa pranzo)

Prima di arrivare a Taraz ci fermiamo al mausoleo di Aysha-Bibi e Babazha-Kathun: una storia triste, con protagonista la giovane figlia di un uomo importante, che si innamora del khan di Taraz. Il padre si oppone al matrimonio tra i due, ma gli innamorati si danno appuntamento a Taraz per sposarsi. Lungo la strada Aysha viene morsa da un serpente ma prima di morire riesce a sposarsi con il suo amato, che, avvisato per tempo, corre al suo capezzale.
Insomma, ancora oggi le coppie vengono qui per far benedire la loro unione e infatti, arrivando, incrociamo gli sposi che si fanno scattare le foto di rito.

(Mausoleo di Aysha-Bibi e Babazha-Kathun)

(Mausoleo di Aysha-Bibi e Babazha-Kathun, particolare)

Ci togliamo le scarpe, entriamo nel mausoleo, ci sediamo a terra.
Diana spiega all'imam da dove veniamo e perché siamo lì: vuole darci la sua benedizione per il nostro viaggio e intona un canto che Diana alla fine ci traduce. Che la nostra vita possa essere lunga, che noi e il nostro viaggio possiamo essere benedetti, che siano benedette tutte le persone che incontreremo, che crescano fiori al nostro passaggio, che alla fine della nostra vita possiamo rinascere e vivere ancora molte altre vite.
Stavolta sono io a commuovermi, ringrazio l'imam e chiedo a Diana di dirgli che è la più bella benedizione che potessimo ricevere.

Arriviamo in città e prima di fare check-in in hotel visitiamo il centro. 

 (Moschea di Taraz)

 (Moschea di Taraz, preparazione all'ingresso)

(Moschea di Taraz, interno)

 (Chiesa ortodossa di Taraz)

 (Taraz, piazza principale)

(Taraz, vagabondando) 

(Taraz)

La stanza 403 è un capolavoro di ingegneria e funzionalità.
Degli anni Trenta.
Di due secoli fa.
Ci sono un armadio e una scrivania tipo ufficio comunale, una carta da parati pensata da Morticia Addams, una poltrona ricoperta da un tappeto che se ti ci provi a sedere sprofondi al piano di sotto e... Udite, udite! Un televisore a 60 pollici.
Avete capito bene: non abbiamo l'acqua calda però abbiamo un televisore a 60 pollici.

(Il mostro)

Il pezzo forte, anche qui, è il bagno.
A cominciare dall'interruttore della luce, una cosa semplice semplice.
"Ele, prova ad accendere la luce in bagno", dice il Piemontese sogghignando.
Dai, sentiamo: voi dove vi aspettereste di trovarlo?
Io inizio dall'esterno: stipite destro, stipite sinistro, in basso, in alto. Mi sposto un pochino più in là.
Niente.
Passo all'interno: sulle pareti, in alto, in basso, a destra, a sinistra, dietro la porta, sotto lo specchio.
Niente. Nemmeno qui.
Ricontrollo bene, deve esserci per forza, non l'ho visto io.
Niente.
La caccia al tesoro, quando non trovo il tesoro, mi dà sui nervi.
"Dai, lo so che lo sai. Dimmi dov'è!"
Sorride e mi indica la parete opposta a quella dove sta la porta di ingresso. Un po' come se a casa vostra l'interruttore della luce del bagno lo mettessero nel corridoio all'ingresso.

(Acqua, fuochino, fuoco)

L'interno non è da meno. Per risparmiare spazio hanno piazzato tutto vicino e attaccato. Il top dell'ottimizzazione è il rubinetto della doccia che è lo stesso del lavandino e si usa in modo intercambiabile per l'una e per l'altro.

(Il bagno)

Sono dei geni. Con geni tamarri.
Io comunque continuo ad amarli, soprattutto per questo.
Senza se e senza ma.

P.S. Indovinate dov'è l'interruttore della luce della camera?
Dietro l'armadio.
Se hai le mani piccole e sottili sei fortunato e riesci anche ad accendere la luce.

(Facciamo un gioco: trova l'interruttore)

 (Taraz)

 (Una cena inaspettata)

 (E quando pensi che sia finita...)

 (Dopocena)

(Adesso guido io)



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