Shymkent - Astana - Parco Nazionale Burabai

4 Agosto 2018 - 21 Agosto 2018


(Astana)

Partiamo all'alba verso Shymkent, da dove prenderemo il volo per Almaty.

(Shymkent airport, saying goodbye)

Della cittadina abbiamo il tempo di veder scorrere i monumenti principali e passeggiare per una mezz'ora in un parco dove signori di mezza età fanno jogging ed esercizi vari.
Sfilano tantissimi ristoranti per matrimoni, che qui abbiamo capito essere un grande business.
L'aeroporto è piccolo ed incasinato, facciamo check in e in 1 ora e 45 minuti siamo ad Astana.
La prima tappa è il Museo di Storia del Kazakhstan, che fa apparire il Louvre come una succursale della Banca di Credito Cooperativo di Triuggio.
Non tanto per reperti e opere d'arte esposte, che sono ovviamente di natura diversa, quanto per l'allestimento avveneristico e per gli spazi fisici.

(Museo di Storia del Kazakhstan)

Sono 14.000 metri quadrati di collezioni permanenti e mostre temporanee, in una sede espositiva in vetro blu e marmo bianco da far impallidire qualsiasi architetto del Nord Europa.
Per qualche minuto dopo aver varcato l'ingresso non siamo in grado di proferire parola: la hall è monumentale, con una mappa del Kazakhstan a muro gigantesca, uno sfondo azzurro come la bandiera, un'aquila d'oro enorme a coprire tutto lo spazio con le sue ali.

 (Museo di Storia del Kazakhstan)

(Museo di Storia del Kazakhstan)

(Museo di Storia del Kazakhstan)

Da frequentatori assidui di musei, possiamo affermare che non esiste nulla di simile in Europa e che, anche se non siete appassionati, questo merita decisamente una visita.
Tre ore sono davvero poche, servirebbe almeno una giornata, ma cerchiamo di non farci mancare nulla, neppure la consueta sosta alla sezione "arte contemporanea" e quella successiva al bazar, dove le più recondite paure del Piemontese prendono forma di fronte a tre donne alle prese con le mille varianti di colori dei foulard in seta e lana tipici della tradizione kazaka.

 (Museo di Storia del Kazakhstan)

 (Museo di Storia del Kazakhstan)

 (Museo di Storia del Kazakhstan)

 (Museo di Storia del Kazakhstan, arte contemporanea)

(Museo di Storia del Kazakhstan, bazar)

Passiamo alla moschea nuova, un imponente edificio con decorazioni in verde o oro.

 (Moschea)

 (Moschea, interno)

 (Moschea, interno)

 (Moschea, interno, orari della preghiera)

(Moschea, esterno, particolare)

E poi via verso il centro: mentre attraversiamo ponti e strade, l'impressione è quella di una città moderna, benestante, desiderosa di progresso e avanzamento sociale. Qui i giovani ci sembrano voler mordere il futuro, ne hanno fame, così come ci conferma Diana.

 (Astana)

 (Astana)

 (Astana)

(Astana)

Arriviamo al monumento Bayterek, il simbolo di Astana per eccellenza. Detta poco poeticamente è una specie di torre reticolata con una palla d'oro in cima. Più poeticamente, invece, rappresenta l'albero imponente e irraggiungibile in cima al quale il mitico uccello Samruk depose un uovo dorato contenente il segreto dei desideri e della felicità del genere umano. Saliamo in ascensore fino in cima, dove si gode una vista incredibile sul Nurzhol Bulvar, l'asse viario che collega il Khan Shatyr (il famoso centro commerciale a forma di tenda gher costruito in etilene e progettato da Norman Foster) all'Ak Orda (il Palazzo Presidenziale): grattacieli di ogni forma e altezza, dai colori che cambiano con la luce del sole.
In cima, all'interno dell'uovo che dovrebbe contenere il segreto dei desideri e della felicità del genere umano, indovinate cosa troviamo?
Un piedistallo con il calco della mano del presidente Nazarbaev: intere famiglie, nonni, genitori, bambini, fidanzati aspettano pazientemente in fila il proprio turno per poter immortalare il momento in cui metteranno il loro palmo in quello del Presidente.

 (Bayterek)

 (Bayterek, dentro la palla)

 (Bayterek, dentro la palla)

 (Bayterek, dentro la palla)

 (Bayterek, dentro la palla, il calco della mano del Presidente)

(Bayterek, dentro la palla, missione compiuta)

Se ad Almaty abbiamo visto pochi cartelloni con il suo volto, da lì in poi la Sua presenza è stata costante, ci ricorda il Gurbanguli del Turkmenistan, con un culto della persona marcato ed ingombrante.
Nazarbaev lo trovi un po' dappertutto: al museo con una sezione dedicata a lui, sui cartelloni per strada mentre invia messaggi incoraggianti alla popolazione, nei pressi dei siti archeologici per ricordare quanto sia importante la cultura. Si è fatto intitolare l'aeroporto e sulle banconote c'è la sua faccia, mica quella di poeti e uomini illustri del passato.
Insomma, è un fiorire di calchi e impronte delle sue mani in ogni dove, dei trattati che ha firmato, dei progetti che ha patrocinato, del progresso sociale che ha promosso e che, per sua stessa ammissione, è "più importante della democrazia".
Non importa che sia al potere da più di 20 anni e che le elezioni che vince siano, secondo gli osservatori internazionali, un pochino "truccate".

(Astana, Nurzhol Bulvar)

 (Palazzo del Presidente)

 (Astana, veduta dal Palazzo presidenziale)

 (Astana, Bayterek)

(Astana, chiesa ortodossa)

Rientriamo in hotel che sono le 9:30 e tutti i buoni propositi di uscire a farsi una passeggiata per vedere le luci della città sono rimandati al giorno successivo (forse), complice un cambio di camera poco prima di mezzanotte, durante il quale mi perdo per strada un paio di mutande (ndr, appena lavate) e recuperate il mattino dopo alla reception.

Zhas (che per noi trogloditi ignoranti si pronuncia Jass) ci passa a prendere la mattina dopo per andare al parco nazionale Burabai, 240 chilometri a nord di Astana.
Viaggiare con questi due giovani ci piace un sacco, sono curiosi e spensierati.
Lui guida raggomitolato, con un piede sul sedile e lei gli racconta cose in kazako. Ridono molto. E noi con loro, anche se non capiamo una beata fava.

 (Sulla strada per il Parco Burabai, autogrill abbandonato)

(Sosta pipì)

Il parco è una meraviglia: una pineta fitta fitta con milioni di alberi, uno attaccato all'altro.
E il profumo... Il profumo di legno, di corteccia di pino è un balsamo e ti fa venir voglia di respirare più profondamente.

(Parco Burabai, odore di pino)

Dopo un lauto pranzo, quello che ci vuole è una camminata sulla vetta della montagna per godere del paesaggio. Il Piemontese, invece, preferirebbe un sonnellino.
Come al solito, noi siamo pronti alla scalata dell'Everest.
Zhas sale con una tuta bucata e con le infradito (per giunta consumate), senza problemi, rilassato come se si bevesse un mojito in riva al mar Caspio.

(C'è chi può)

Una volta su, dopo la rianimazione, non so come mai si finisce sulla questione delle relazioni tra i sessi. Una roba un po' complicata che risale a millenni fa: riassumendo, non è che puoi sposare chi vuoi. Tutto parte dai júz, cioè dai tre ceppi tribali originari che hanno costituito il popolo kazako. Ogni júz è composto da diversi clan. Se si appartiene a due júz diversi non c'è problema, se invece il júz è lo stesso, bisogna accertarsi di non appartenere allo stesso clan almeno fino a sette generazioni precedenti. Per questa ragione, ogni padre tramanda ai figli i nomi dei suoi sette avi in linea paterna.
Se c'è una parentela nelle sette generazioni precedenti non è possibile sposarsi perché i due si considerano fratello e sorella (in senso allargato per noi, in senso stretto per loro). Lo fanno per mantenere il "sangue pulito", per evitare che nascano bambini affetti da disabilità.

 (Parco Burabai, lago Borovoje)

(Parco Burabai, lago Borovoje)

Intanto ridiscendiamo a valle e sulla via del ritorno, in una macchina che spara musica a palla (perché è una costante kazaka quella della musica a palla in ogni dove), infiliamo nell'ordine:
1. Un giro in pedalò sul lago, per vedere da vicino la famosa roccia Zhumbaktas, dalla forma di sfinge o di donna giovane o di donna vecchia, a seconda del lato da cui la guardi. Il pedalò ha più o meno l'età del Piemontese da vecchio ed è prodotto con i pannelli dei radiatori del reattore di Cernobyl. In compenso ci sorprende non affondando.

 (Parco Burabai, Zhumbaktas)

 (Parco Burabai, Zhumbaktas)

(Parco Burabai, Zhumbaktas)

2. Ci fermiamo da un tizio russo con la maglietta dei Metallica "Kill 'em all", discendente diretto dei popoli del Nord, orgoglioso di poter dire che dal suo negozio sono passati due italiani.

(Parco Burabai, falco)

3. Ci mangiamo un'anguria intera sul tavolo del suo locale e adesso mi scappa una pipì che da qui ad Astana non ce la faccio e, come sempre, ci dovremo fermare in mezzo ai cespugli, nel migliore dei casi. Nel peggiore, in un latrina in cui si entra in apnea a partire da un raggio di 500 metri e che, a confronto, il cesso di Trainspotting era il bagno della regina Elisabetta.

 (Parco Burabai, kill 'em all)

 (Di ritorno ad Astana)

 (Cena al buffet triste kazako)

 (Astana by night)

 (Astana by night)

 (Astana by night)

(The day after, alba no filter)



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